In ufficio con Sonia - Pisa Trasgressiva

Lavoravamo come consulenti informatici in un grosso ente. Il nostro capoprogetto ci aveva affidato un lavoro da portare avanti insieme e quindi ci eravamo seduti alla stessa scrivania, davanti allo stesso computer, uno accanto all’altra.
Sonia mi era piaciuta dal primo momento che l’avevo conosciuta, quasi un anno prima, in ufficio: fisico snello, capelli lunghi neri leggermente mossi, occhi verdi, viso molto carino, bella ma non appariscente, affascinante nella sua semplicità.
Il mio contatto fisico con lei non era mai andato oltre la pacca sulla spalla. L’occasione di lavorare insieme ci permise di entrare più in confidenza, sia dal punto di vista verbale (battute, occasioni di scherzo, qualche sms vagamente piccante), sia da quello fisico. Sia chiaro, niente di che: solo, mentre eravamo seduti vicino, ogni tanto avevo osato strusciare la mia gamba alla sua, e lei mi aveva dimostrato di non sgradire la cosa, lasciando la sua coscia al suo posto, anzi premendola ancora più forte alla mia. Ripeto: nulla di eccezionale, anche perché portava sempre i pantaloni che non rendevano giustizia alla sensualità delle sue gambe che avrei scoperto solo dopo, ma quel semplice contatto già mi faceva eccitare.
Quel pomeriggio stavamo lavorando su una cosa abbastanza impegnativa, che volevamo completare prima dell’indomani per non lasciare il lavoro a metà; i nostri colleghi di stanza uno alla volta erano già usciti, anche a causa dell’arrivo di un temporale che minacciava di farsi di lì a poco molto violento, e intorno alle diciotto eravamo rimasti soli, alla stessa scrivania come sempre da qualche settimana a quella parte. Era novembre e a quell’ora era già buio, ma forse per pigrizia, forse per determinata volontà, nessuno dei due si era alzato per accendere le luci, cosicché l’unica fonte luminosa era la fioca luce del monitor.
Anche le altre stanze si stavano rapidamente svuotando, e dal silenzio che si percepiva immaginammo di essere rimasti soli in tutto il piano, o forse in tutto l’edificio, fatta eccezione del servizio di sorveglianza che comunque non effettuava il controllo dei piani prima delle ventuno: tutto contribuiva a creare un’atmosfera davvero eccitante.
Sentivo il mio cuore battere violentemente, ma la paura di demolire con un colpo eventualmente sbagliato la confidenza che tra me e lei si era costruita nelle ultime settimane era ancora più forte e mi impediva di fare qualsiasi tipo di avance.
Mentre pensavo a queste cose, ad un tratto sentii la sua gamba sinistra prima strusciarsi, poi accavallarsi alla mia gamba destra e, quando i nostri sguardi si incontrarono, mi fece un sorriso complice che significava più di mille parole: “Niente di casuale, ho semplicemente fatto il primo passo dato che tu non ti decidi, scemo!” sembrava volermi dire. Il suo sguardo era così esplicitamente invitante che in me cadde ogni residuo di timidezza e se mi fosse rimasto ancora qualche dubbio arrivò un suo bacio dritto sulla bocca a diradare anche le ultime nebbie. Non potevo crederci: il momento tanto atteso era finalmente arrivato, con grande naturalezza e senza alcun preavviso.
In un attimo ci ritrovammo con la lingua dell’uno nella bocca dell’altra, mentre la mia mano cominciava ad insinuarsi in mezzo alle sue gambe coperte dai pantaloni. Fu lei stessa ad abbassarsi la cerniera laterale e, dopo essersi leggermente sollevata l’elastico dei collant e degli slip, a guidare la mia mano sul suo pube, che al tatto avvertii depilato, mentre la sua vagina era completamente bagnata. Cominciai ad andare su e giù col dito soffermandomi particolarmente sul clitoride per la gioia di lei che aveva chiuso gli occhi e si era lanciata in piccoli lamenti di goduria. Dopo poco sentii la sua mano sopra i miei pantaloni, che tentava di abbassarmi la cerniera. La aiutai nell’operazione e subito dopo infilò la mano dentro i miei slip, afferrò il mio membro, lo estrasse fuori e cominciò a masturbarlo per tutta la sua lunghezza. Fu allora che, a malincuore, ruppi a bassa voce il silenzio, per dirle: «Se entra qualcuno che facciamo? Che ne dici di continuare in bagno?».
«Ok, buona idea, lì staremo più tranquilli.»
In un attimo ci ricomponemmo, poi le chiesi: «Andiamo in quello degli uomini o in quello delle donne?».
«In quello delle donne, forse è più pulito.»
«Ok, ma andiamo uno alla volta, dovesse passare qualcuno...»
All’uscita dalla stanza, nel dirigerci verso il bagno ci rendemmo conto, con nostra gioia, di essere rimasti veramente soli in tutto il piano, così la nostra intimità sarebbe stata più garantita. Entrò lei, poi io, quindi chiudemmo la porta a chiave. Il bagno fortunatamente era davvero pulito, segno che la ditta delle pulizie era già passata, quindi un motivo in più per stare tranquilli.
Appena dentro le tolsi la maglia, quindi le slacciai il reggiseno e mi si presentarono così i suoi seni piccoli e sodi con i capezzoli duri e appuntiti per l’eccitazione. Cominciai a succhiarglieli, prima uno, poi l’altro, mentre lei nel frattempo mi sbottonava la camicia. Me la sfilai, poi ci togliemmo le scarpe. Le abbassai la cerniera dei pantaloni, quindi glieli feci scivolare lungo le gambe, mentre lei alzava prima un piede poi l’altro per lasciarseli sfilare. Poi, inginocchiatomi, le levai i collant, arrotolandoli lentamente mentre le accarezzavo le gambe, soffermandomi in particolare sull’interno coscia. Mancava solo l’ultimo pezzo per poterla vedere completamente nuda come avevo desiderato da tanto tempo. Notai con piacere che non portava il perizoma, che a me personalmente non piace, ma un molto più sensuale slip bianco sgambato con gli orli di pizzo, che aderendo al suo sesso bagnato, lasciava intravedere la dolce spacchetta. Glielo sfilai ed ebbi la conferma della sensazione avuta prima in stanza: la sua vulva, che baciai a lungo, era perfettamente rasata; la sua pelle bianca, le sue gambe snelle e ben tornite la facevano assomigliare ad una scultura. Mi alzai e con una mano strinsi Sonia a me, mentre con l’altra cominciai ad accarezzarle delicatamente la vulva. Divaricò leggermente le gambe per agevolare l’opera della mia mano, che cominciò ad andare su e giù per la sua vagina sempre più bagnata. Mentre le nostre lingue si incrociavano, tutti i sensi erano coinvolti: la mia bocca gustava la sua pelle, le sue labbra; le mie narici si inebriavano del suo profumo delicato; le mie orecchie sentivano i sussurri del suo piacere; i miei occhi godevano della sua bellezza; quasi ogni centimetro della mia pelle era in contatto con la sua…
«Che bello, sì, dai, fammi toccare il tuo pene, ti prego... spogliati pure tu...»
In un attimo mi tolsi i pantaloni e le mutande e rimasi nudo pure io, con il membro durissimo e pulsante. Mentre io ricominciavo ad accarezzarle la vagina lei impugnò il mio pene, masturbandolo con molta delicatezza. La mia eccitazione era tale che sarei esploso da un momento all’altro, perciò le dissi: «Fermati un attimo, altrimenti vengo subito...». Lei ubbidì, mentre io continuai a masturbarla finché con una serie di fremiti e sussulti, stringendomi la mano in mezzo alle sue gambe, disse: «Sì... sì... che bello... ancora... dai... basta... basta... sono venuta...». Tolsi la mano e, stringendoci, ci baciammo a lungo. Dopo un po’, ripresasi dal suo orgasmo mi sussurrò all’orecchio: «Adesso tocca a te godere, amore...». Che donna generosa... La vidi di colpo inginocchiarsi e presentare il suo viso all’altezza del mio pene, nell’atto di prenderlo in bocca.
«No» le dissi, «aspetta almeno che lo lavi... è da stamattina... tutte le secrezioni...»
«Se le ‘secrezioni’, come le chiami tu, te le ho causate io, mi appartengono... perché te le ho causate IO, non è vero?!»
Quella domanda, che rivelava sia la sua consapevolezza del fatto che io sbavavo per lei, sia una punta di gelosia nei confronti delle altre colleghe di stanza, e che rivendicava solo per sé l’esclusiva del mio corpo, mi fece l’effetto di farmi eccitare ancora di più, se ciò poteva essere possibile.
«Certo, stupidina, e chi… umhhh…». Non mi diede il tempo di finire la frase che già il mio pene era dentro la sua bocca: lo lubrificava con la saliva, lo leccava, lo ingoiava andando su e giù regalandomi un piacere grandissimo. Raggiunsi l’orgasmo con un fiotto violento che le sporcò il viso, le labbra, il seno. Quando smisi di eiaculare, riprese il pene in bocca per pulirmelo. Poi si rialzò, la aiutai a pulirsi, quindi ci abbracciammo e in questa posizione mi sussurrò all’orecchio: «Questo era solo l’antipasto, adesso voglio il resto».
«Anch’io» le dissi, «ma che ne dici se continuiamo fuori di qui, in un posto dove possiamo sdraiarci?».
«Ok, andiamo in macchina!»
«Sì» le dissi, «ma prima facciamoci un bel bidet».
«Sì, tu lo fai a me ed io a te.»
Sonia non finiva di stupirmi piacevolmente. Ci facemmo il bidet reciprocamente, l’uno insaponando e praticamente masturbando l’altra, cosicché dopo poco eravamo più eccitati di prima. Ci rivestimmo velocemente, poi uscì prima lei per controllare che non passasse qualcuno nel corridoio, quindi al suo cenno di via libera uscii io. Tornammo in stanza, spegnemmo il computer (il lavoro avrebbe aspettato l’indomani), prendemmo le nostre cose e ci avviammo verso l’uscita.
Sul portone di ingresso ci accorgemmo di aver dimenticato l’ombrello in ufficio: la pioggia era tanta, ma la voglia di rifare l’amore era ancora più grande. Non c’era tempo per tornare indietro. Facemmo una corsa, mano nella mano, fino al parcheggio riservato ai collaboratori esterni che distava circa trecento metri; arrivati, ci infilammo dentro la mia macchina.
La prima cosa che notammo era che nel parcheggio erano rimaste soltanto le nostre due macchine: segno, questo, che potevamo farlo lì senza timore che arrivasse qualcuno. Eravamo bagnati fradici. Lo scroscio violento della pioggia, all’esterno dell’auto, rendeva l’atmosfera ancora più intima ed intrigante. Passammo nel sedile posteriore, mettemmo le sicure e subito ci spogliammo, fino a rimanere di nuovo completamente nudi. Il suo corpo umido, i suoi capelli bagnati la rendevano ancora più bella, profumata ed eccitante. Facendo riferimento alla mia perplessità di prima riguardo l’eventuale cattivo odore delle secrezioni, con un sorrisetto mi disse: «Che ne dici se iniziamo subito con un bel 69, adesso che siamo belli puliti?». «Ottima idea» risposi io facendo finta di non capire la battuta, ed in un attimo ci sistemammo, io disteso all’insù e lei sopra di me con la vagina all’altezza della mia bocca e la sua bocca all’altezza del mio pene. Com’era liscia, com’era odorosa quella rosellina! Afferrandole i glutei tondi e sodi e allargandole con i pollici le grandi labbra, cominciai a leccarle la vagina avidamente, soffermandomi sul clitoride, mentre la sentivo fremere di godimento sotto le mie mani. Altrettanto avidamente la sentivo accarezzarmi i testicoli, leccarmi il pene per tutta la sua lunghezza, prenderlo in bocca soffermandosi prima sul glande per poi scendere ingoiandolo quasi tutto, procurandomi un piacere incommensurabile. Raggiungemmo l’orgasmo quasi contemporaneamente, lei inondandomi dei suoi umori, io riempiendole la bocca col mio sperma.
Dopo esserci ripresi, non ancora appagata, Sonia mi disse: «E questo era il primo, adesso voglio il secondo!».
«Certo, tesoro, anch’io non sono ancora sazio.»
Mi ricordai che a qualche chilometro di distanza c’era una farmacia. Ci rivestimmo e ci dirigemmo lì in macchina. Lungo il tragitto le dissi: «Quante occasioni abbiamo perso, Sonia!».
«Non ti preoccupare, recupereremo adesso che il ghiaccio è rotto… ma se non fosse stato per me…»
«Hai ragione, ma non volevo rischiare di sbagliare e perdere pure l’amicizia.»
«Ma cosa dovevo fare di più per farti capire che ci stavo?»
«Perché, cosa hai fatto di particolare, a parte stasera?»
«Sei tu che sei uno stupido e non capisci niente…»
Feci finta di essere offeso. Sonia mi si avvicinò, mi diede un bacio e mi disse: «Scusa, ti voglio bene». «Anch’io, tanto» le risposi e ci baciammo nuovamente.
Quando arrivammo in farmacia scesi, prelevai dal distributore automatico un pacchetto di profilattici, rientrai in macchina e ritornammo nuovamente al parcheggio dell’ufficio, tanto ormai sapevamo che era un posto tranquillo.
Ci spostammo nuovamente sul sedile posteriore e cominciammo a baciarci appassionatamente, toccandoci dappertutto. Lentamente ci spogliammo, rimanendo di nuovo nudi l’uno di fronte all’altra. Dopo esserci masturbati a vicenda per un po’, presi un preservativo e me lo infilai, quindi Sonia si mise a cavalcioni su di me che stavo seduto e, preso il mio pene, se lo infilò nella calda vagina, dove entrò subito essendo eccitata e lubrificata al punto giusto. Cominciò a muoversi su e giù, mentre io con una mano le palpavo quei seni piccoli e sodi, succhiandole i capezzoli, e con l’altra mano le titillavo il clitoride, per farla godere ancora di più. Di tanto in tanto si sollevava più del normale in modo da far fuoriuscire il pene, per poi rimetterselo dentro dicendo: «Sì, ancora, ficcamelo tutto, lo voglio tutto dentro, sì amore, dai...». Continuai a penetrarla stando io disteso e lei sopra, poi ancora lei sotto e io sopra con le sue cosce aperte appoggiate al mio petto e la parte inferiore delle gambe incrociata attorno al mio collo, come in un abbraccio. L’eccitazione ci faceva dimenticare la scomodità delle posizioni dovute alla ristrettezza dello spazio in cui ci muovevamo. L’orgasmo arrivò per entrambi quasi all’unisono, quindi ci abbracciammo unendo le nostre bocche.
Mentre ci rivestivamo, fui io questa volta a dirle, sorridendo: «Ancora manca la frutta, il dolce ed il caffè!». «E anche l’ammazzacaffè» fu la sua risposta maliziosa. Quindi soggiunse: «Non ti dimenticare che io vivo da sola...». E mentre scendeva dalla mia macchina per dirigersi alla sua, mi baciò sussurrandomi: «Seguimi!».

Vota la storia:




Iscriviti alla Newsletter del Sexy Shop e ricevi subito il 15% di sconto sul tuo primo acquisto


Iscrivendoti alla newsletter acconsenti al trattamento dei dati personali come previsto dall'informativa sulla privacy. Per ulteriori informazioni, cliccando qui!
20/10/2008 13:59

gabbiano

Mummia, forse sei invidioso? Tornatene nel tuo sarcofago a farti le seghe pensando a un bel membro da 25 cm che ti entra in culo...

18/10/2008 01:34

LA MUMMIA

LA VERA STORIA E' QUELLA CHE LAVORAVATE IN UNA FABBRICA CHE PRODUCEVA CAZZI DI PLASTICA E TU DOVEVI PROVARE TUTTI I I VIBRATORI IN CULO, E VISTO CHE SUBIVI VIBRAZIONI PER 12 ORE AL GIORNO E POI A CASA FACEVI GLI EXSTRA, ALLA FINE ANCHE IL CERVELLO TI VIBRAVA CHE ORA NON CAPISCI PIU NIENTE E INZI A SCRIVERE QUESTRE STRONZATE DA FROCIO SILENTE

11/10/2008 11:29

il linotipista

Questo è un sito intellettuale

11/10/2008 11:28

il linotipista

Qiesto è un sito intellettuale

10/10/2008 09:31

Anonimo_Latino

Bella storia, ma se vuoi un consiglio non sposarti una collega di lavoro nella maggior parte dei casi poi finisce male.......

Per commentare registrati o effettua il login

Accedi
Registrati